Nell’Ue sprecate 100 tonnellate di cibo per un costo di 143 miliardi di euro. L’Italia produce 1,5 miliardi di pasti per un fatturato di 5,5 miliardi l’anno. Secondo Banco alimentare e Caritas attualmente sono generate ogni anno 210.000 tonnellate di eccedenze di cui viene recuperato solo il 12% circa. Arriva per questo un accordo Stato Regioni , in cui si danno le linee di indirizzo per chi gestisce le mense per prevenire e ridurre lo speco nella somministrazione degli alimenti. IL DOCUMENTO.
Nell’Ue ogni anno sono sprecate, in tutte le fasi della catena alimentare, dalla produzione al consumo, circa 100 milioni di tonnellate di cibo, di cui il 14% è attribuito alla ristorazione collettiva. Il costo stimato per smaltire i prodotti alimentari nelle discariche ammonta a circa 143 miliardi di euro. Lo spreco ha anche un impatto non solo sull’economia ma anche sulla società e sull’ambiente.
In Italia la Ristorazione Collettiva secondo l’indagine 2015 Oricon (Osservatorio Ristorazione Collettiva e Nutrizione), produce un volume complessivo di pasti che sfiora il miliardo e mezzo, con un fatturato di circa 6,5 miliardi di euro all’anno.
Secondo i dati forniti dal Banco Alimentare e dalla Caritas in Italia, nel settore della ristorazione organizzata (che gestisce 3 milioni di tonnellate di alimenti), sono generate ogni anno 210.000 tonnellate di eccedenze. Di queste attualmente viene recuperato solo il 12% circa (25.000 tonnellate di alimenti).
Nel 2016 la rete Banco Alimentare ha recuperato complessivamente una quota pari a 1 milione e 100.000 pasti, distribuiti, per il 60%, alla rete Carltas In Italia. Considerato che le fonti della ristorazione che generano eccedenze sono molto parcellizzate sul territorio, sarebbe auspicabile costruire reti logistiche virtuose con i partner donatori, a supporto dell’attività di recupero del cibo, posto In essere da numerose organizzazioni senza scopo di lucro.
Ristorazione ospedaliera
Il numero di pasti serviti/anno (circa. 269 milioni) dal settore Sanità-Welfare rappresenta circa un quarto del totale dei pasti prodotti dalla ristorazione collettiva In Italia. Il sistema ospedaliero, per alcune sue peculiarità (urgenza/emergenza solo parzialmente programmabile, modificazioni Impreviste delle condizioni cliniche di alcuni pazienti) è senza dubbio un ambito nel quale si determinano significative eccedenze alimentari ei pasti non consumati dai degenti ospedalieri rappresentano, non solo uno spreco di risorse umane ed economiche, ma anche causa di deficit nutrizionale e di ridotto comfort per il paziente ricoverato.
Nel 2015 la Rete delle Strutture di Dietetica e Nutrizione Clinica della Regione Piemonte ha promosso un progetto per la conoscenza dell’entità e delle cause dei residui alimentari in 13 ospedali della Regione. I risultati, a seguito delle 39.545 rilevazioni effettuate, confermano una elevata percentuale di residui, pari al 31,2% ed evidenziano una significativa perdita nutrizionale sia calorica che proteica. La riduzione del residui alimentari deve quindi essere considerata un obiettivo prioritario se si vuole garantire la copertura del fabbisogni nutrizionali dei pazienti ricoverati e prevenire e correggere la malnutrizione ospedaliera.
Ristorazione scolastica
Il ministero della Salute, in collaborazione con il Miur, ha avviato nel 2015 una prima indagine conoscitiva sulla ristorazione scolastica, con l’obiettivo di delineare la situazione complessiva e stimolarne il costante miglioramento. Dall’indagine è emerso che più della metà dei plessi (58%) non rileva un’eventuale presenza di residuo, e non dispone di una procedura di monitoraggio, mentre, nelle scuole in cui viene effettuata (42%), è realizzata principalmente dal personale della ditta appaltatrice.
Nelle conclusioni dell’indagine viene evidenziato come sia fondamentale che ogni struttura proceda a un monitoraggio delle eccedenze e dei residui alimentari, ricercandone le cause sia per perseguire obiettivi di riduzione che di riutilizzo.
Inoltre, come riporta Oricon, emerge che ogni giorno il 12,6% dei pasti non viene consumato (11 % primi piatti, 13% secondi piatti, 22% contorni, 9% dessert, 10% frutta, 10% pane).
Ristorazione aziendale
La maggior parte degli sprechi si riscontra come residuo nei piatti dei fruitori, e tendono ad aumentare quando il pasto è totalmente gratuito. Nelle cucine si stima circa un 2-3 per cento di eccedenze, ulteriormente riducibili nei casi in cui vengano introdotti software per la programmazione e la previsione dei consumi.
Che fare? Le linee di indirizzo, oltre a indicatori di performance, forniscono per ognuno dei settori un decalogo di interventi.
Per la ristorazione ospedaliera:
1. intervenire lungo tutta la filiera, partendo da una attenta pianificazione del pasti e approvvigionamento delle corrette quantità di materie prime necessarie giornalmente;
2. stabilire una procedura di prenotazione pasti Individuale, semplificata e flessibile che, sulla base delle specifiche necessità, fabbisogni e scelte nutrizionali, garantisca la corrispondenza tra pasto prenotato e servito e consenta la possibilità di una variazione dell’ordinazione anche a breve distanza dalla distribuzione;
3. progettare il dietetico ospedaliero pianificando i menù del vitto comune in base alle esigenze reali, con un numero ridotto di scelte (ad ogni utente deve essere garantita la varietà dei pasti durante la settimana, mentre la scelta giornaliera può orientarsi su una gamma di preparazioni curata ma limitata) e con porzioni differenti (standard o piccole);
4. formare e informare il personale di cucina e di reparto su come ridurre la quantità dei residui alimentari;
5. aumentare la consapevolezza dei pazienti, dei caregivers e dei visitatori sullo spreco alimentare e sul suo impatto ambientale, economico e nutrizionale mediante iniziative di sensibilizzazione; l’obiettivo è quello di promuovere la cultura sul fenomeno degli sprechi;
6. svolgere periodicamente (almeno una volta l’anno) un’indagine relativa alla soddisfazione dei consumatori (degenti e personale) per valutare la qualità percepita. I risultati devono essere elaborati, dichiarati e utilizzati come indicatori per indurre a modifiche migliorative;
7. rilevamento sistematico dei residui alimentari (anche in termini economici), per ottimizzare la produzione dei pasti, tenendo conto delle preferenze dei pazienti, delle scelte e delle necessità;
8. organizzare gruppi di lavoro (coinvolgendo i pazienti, il personale amministrativo, i professionisti del settore sanitario e il personale della cucina) per discutere e testare cambiamenti volti a ridurre lo spreco alimentare dell’ospedale;
9. favorire i contatti tra gestori mensa, Servizi sociali del Comune e Enti caritatevoli; per definire le procedure per ridistribuire le eccedenze alle organizzazioni caritatevoli.
10. avviare al riciclo (p.e. compostaggio) tutto quanto non è stato possibile o prevenire o recuperare, gestendolo secondo procedure trasparenti e condivise. L’obiettivo è quello di arrivare alla totale applicazione del modello Food recovery hierarchy dell’Environmental Protection Agency statunitense.
Per la ristorazione scolastica:
1. rilevare sistematicamente le eccedenze e i residui predisponendo una procedura di monitoraggio standardizzata, coinvolgendo nelle varie attività anche gli studenti, rendendoli parte attiva del processo;
2. lavorare in rete per individuare ed eliminare le criticità che portano al lascito di parte del pasto in mensa;
3. prevedere all’interno dei capitolati elementi di flessibilità con l’obiettivo di permettere un loro adeguamento in funzione delle informazioni che possono derivare dal rilevamento e analisi puntuale delle dinamiche del servizio di refezione;
4. formare gli insegnanti sul tema degli sprechi alimentari per renderli parte integrante e attiva nel portare lo studente ad avere un comportamento corretto e propositivo anche durante il momento del pasto;
5. attivare percorsi educativi e di sensibilizzazione sullo spreco alimentare e sui suoi impatti ambientali, economici e sociali, prevedendo il coinvolgimento anche delle famiglie;
6. preferire soluzioni che consentano di avvicinare il punto/centro cottura e quello di somministrazione per migliorare il gradimento delle stesse da parte del fruitore finale;
7. inserire lo spuntino di metà mattina all’interno del servizio di refezione scolastico prevedendo la possibilità di una seconda razione di frutta, oggi prevista solo per il pranzo e considerare la possibilità di utilizzare per la merenda del giorno dopo frutta, pane, budini (collocandoli in locali adeguati e coinvolgendo gli insegnanti/alunni/personale ATA}; ove non sia possibile conservarli a scuola, portarli a casa;
8. Rendere i refettori accoglienti e adeguati alla funzione che devono svolgere per ridurre l’Impatto negativo In termini di fruizione del pasto che i refettori hanno se sono troppo ampi, scarsamente o per nulla insonorizzati, scarsamente illuminati, poco accoglienti e con arredi Inadeguati, anche garantendo tempi adeguati per il consumo dei pasti, dove è prevista una turnazione;
9. favorire i contatti tra gestori mensa, Servizi Sociali del Comune e Enti caritatevoli; recuperare le eccedenze per attuare in rete le procedure Igienico sanitarie di recupero e ridistribuzione in sicurezza dei pasti non consumati a soggetti bisognosi;
10. riciclare (p.e. compostaggio) tutto quanto non è stato possibile o prevenire o recuperare, gestendolo secondo procedure trasparenti e condivise per arrivare all’applicazione di modelli Internazionali come il modello Food recovery hierarchy dell’Environmental Protection Agency statunitense.
Per la ristorazione aziendale:
1. adottare un sistema di supporto decisionale (software o app) per programmare in modo corretto gli acquisti delle materie prime che tenga conto non solo della statistica dei dati di consumo e delle preferenze dell’utente finale ma anche di informazioni esterne;
2. lavorare in rete per individuare ed eliminare le criticità che portano al lascito di parte del pasto in mensa ed effettuare un sistematico e periodico monitoraggio delle eccedenze di cucina, di servizio e dei residui nei piatti che stimoli da parte del diversi attori la loro riduzione nel tempo;
3.fare salvo il rispetto delle buone prassi in materia di salute e sicurezza alimentare, garantendo il mantenimento a idonea temperatura fino alla cessione, anche attraverso l’utilizzo di abbattitori di temperatura per permettere di aumentare il periodo di fruibilità delle eccedenze di cucina;
4.far lavorare a stretto contatto i cuochi e i dietisti per creare dei menu vari ed equilibrati da un punto di vista nutrizionale, ma che allo stesso tempo siano appetibili per l’utente finale;
5. promuovere i cosiddetti “second life menu”, ossia menu composti prevalentemente da cibi e ingredienti facilmente riutilizzabili in caso di eccedenze;
6. favorire una cucina degli avanzi che sia gustosa, sana e sicura per riutilizzare le eventuali eccedenze alimentari delle cucine in nuovi piatti per il giorno successivo;
7. prevedere l’offerta di porzioni diverse a seconda delle preferenze dei consumatori (mezza porzione, piatto dei primi più piccolo, ecc.);
8. promuovere attività e iniziative per sensibilizzare l’utente finale sul fenomeno degli sprechi alimentari e sui suoi impatti ambientali, economici e sociali dando visibilità ai dati raccolti nel monitoraggio;
9. Favorire i contatti tra il gestore della mensa, il Servizio Sociale del Comune e gli Enti caritatevoli che siano disposti, in tempi brevi, a raccogliere e redistribuire ai bisognosi gli eventuali pasti in eccedenza;
10. Avviare al riciclo (p.e. compostaggio) tutto ciò che non è stato possibile o prevenire o recuperare, gestendolo secondo procedure trasparenti e condivise.
21 marzo 2018 – Quotidiano sanità