È attesa per lunedì in Consiglio dei ministri l’approvazione definitiva del decreto correttivo sui licenziamenti in 30 giorni per i dipendenti pubblici che vengono colti sul fatto a timbrare l’entrata senza andare in ufficio. Il nuovo provvedimento non cambia praticamente nulla nell’impianto delle uscite sprint per gli illeciti disciplinari individuati in flagranza, ma è stato reso necessario dalla sentenza 251/2016 della Corte costituzionale che ha imposto l’intesa con Regioni ed enti locali per le parti della riforma della Pa relative alle loro competenze. L’ultimo via libera, quindi, serve a blindare le nuove regole, che prevedono la sospensione in 48 ore e il licenziamento in 30 giorni e che senza il correttivo sarebbero state esposte al rischio continuo di ricorsi.
Il provvedimento va letto insieme al decreto con la riforma del pubblico impiego, che estende il calendario ultra-rapido a tutti i casi di flagranza degli illeciti punibili con il licenziamento, compresa l’assenza ingiustificata dall’ufficio per più di tre giorni nell’arco di due anni o la mancata ripresa del servizio nel giorno fissato dall’amministrazione.
Tutta la riforma del pubblico impiego, del resto, è percorsa dalla linea rossa di misure ulteriori anti-assenteismo, compresa quella che chiede ai nuovi contratti di fissare sanzioni aggiuntive per le assenze strategiche, in particolare quelle che allungano le festività e i ponti, e di bloccare gli incrementi dei fondi per le risorse accessorie negli uffici in cui gli uffici sono più vuoti in questi giorni critici.
Su questo fronte, l’attuazione della riforma Madia è in perfetta continuità con i suoi predecessori, a partire dal decreto Brunetta del 2009, che impone la radiazione dall’albo per il medico che certifica una falsa malattia quando si arriva alla condanna definitiva per il dipendente pubblico interessato; se il medico è dipendente del servizio sanitario, il licenziato è previsto anche per lui.
La lotta a colpi di sanzioni sempre più dure, finora, ha prodotto risultati quantomeno alterni, ma ha moltiplicato responsabilità e “minacce” a carico dei medici. Anche da qui viene la spinta alla base del disegno di legge che propone l’autocertificazione per i primi tre giorni di malattia.
Nel pubblico impiego, del resto, il tema è carsico, e conosce fortune alterne anche sul piano della comunicazione. Lo dimostra per esempio la vicenda dei censimenti mensili sull’assenteismo nella Pa: in voga negli anni immediatamente successivi alla riforma Brunetta, hanno avuto poi un seguito declinante fino a uscire definitivamente dal web. Per conoscere lo stato dell’arte, quindi, occorre ora attendere il monitoraggio annuale, in arrivo.
Gianni Trovati – Il Sole 24 Ore – 7 luglio 2017