L’EFSA ha proposto di riesaminare i livelli di assunzione tollerabile per due contaminanti chimici a cui l’uomo è esposto tramite la catena alimentare in ragione dell’inquinamento ambientale. Si tratta della prima di due valutazioni di sostanze perfluoroalchiliche (PFAS). Le conclusioni sono dunque provvisorie e verranno riviste durante il completamento della seconda parte. Una opinione interlocutoria sul rischio alimentare per PFOS e PFOA che rimanda tutto al prossimo dicembre 2019 per una più completa valutazione tossicologica per l’esposizione combinata a più sostanze per- e poli-fluorurate.
L’opinione finalizzata lo scorso marzo 2018 da EFSA, fatta circolare in maniera riservata nell’ambito della Commissione Europea e delle Agenzie per la Valutazione del Rischio nazionali tramite l’EFSA Advisory Forum, ha finalmente visto la luce, anche se risulta fortemente limitata nella portata. Il forte e scientificamente elevato dibattito scaturito tra EFSA e le Agenzie di valutazione tedesca, olandese, danese, il confronto con la valutazione tossicologica fatta da ECHA nel 2015 per il PFOA, portano EFSA a cambiare le modalità di rilascio delle opinioni.
Nel futuro, dopo un processo di peer-review dell’opinione, questa verrà resa pubblica per commenti aperti da parte di tutti i detentori di interesse, prima della sua approvazione finale, in cui si terrà conto dei commenti ricevuti. Questo percorso maggiormente inclusivo e trasparente già in essere nel sistema agenziale degli Stati Uniti è stato discusso in una riunione tra Commissione Europea e Stati Membri all’inizio di questa settimana.
Per quanto riguarda il contenuto dell’opinione EFSA, questo è già stato largamente anticipato suil nostro sito nei precedenti approfondimenti, cui si rimanda, in quanto l’opinione era stata illustrata da EFSA alla comunità scientifica a fine agosto scorso, nel Simposio internazionale Dioxin 2018 sui contaminantti organici alogenati persistenti tenutosi in Polonia, a Cracovia.
Sinteticamente: EFSA indica un valore guida per la salute umana di 13 ng/kg peso corporeo per settimana per PFOS e di 6 ng/kg per PFOA. Dai dati di contaminazione degli alimenti e dai database dei consumi alimentari, praticamente la maggior parte della popolazione europea risulta sovraesposta, con percentuali altissime nei bambini. L’alimento di origine animale determina i maggiori apporti sia per PFOS che per PFOA, ma questo dato può essere inficiato dalla non sufficiente rappresentatività e qualità analitica dei campioni di alimenti di origine vegetale. Ricordiamo che la Commissione Europea nel marzo 2010 aveva raccomandato un limite di Quantificazione pari o inferiore a 1 ng/g di alimento, limite che in base agli attuali valori guida dovrebbe abbassarsi almeno di 100 volte, fatti salvi eventuali contributi cumulativi da altri PFAS. Questo punto sui requisiti analitici ai fini di valutazioni di esposizioni alimentari è stato recentemente illustrato in ambito PFAS e Policlorobifenili nell’ambito di un evento ECM organizzato dall’IZS di Perugia nell’ambito del recente convegno della SIDILV di Perugia, 7 – 9 novembre scorso.
Di particolare interesse nel parere EFSA è la modellistica messa a punto per correlare le concentrazioni ematiche con l’esposizione alimentare e ambientale. Tale modellistica sarà di sicuro aiuto per comprendere se le risultanze degli studi di biomonitoraggio trovano adeguato riscontro nella contaminazione rilevata nella filiera idropotabile e negli alimenti analizzati, o se si devono considerare altre vie di esposizione (es. inalatoria) o alimenti di particolare rilevanza per quantità consumata e/o per contaminazione associata.
Di fatto EFSA prospetta un veloce superamento di tale opinione, visto che nel caso dei PFAS è necessario pervenire a valutazioni di esposizione combinata a differenti molecole, sulla stregua di quanto si prospetta nel caso della valutazione di rischio per la assunzione contemporanea di più pesticidi appartenenti alla stessa o a classi differenti, ma con la stessa via tossicologica (Adverse Outcome Pathway). Tale valutazione combinata è già stata anticipata dal RIVM olandese su base nazionale con un approccio di tossicità cumulativa per ipertrofia epatica che comprende vari PFAS a corta e lunga catena e il GenX (vedi redazionale).
Non è dato conoscere chi per l’Italia abbia ricevuto l’incarico di valutare l’opinone EFSA su PFOS e PFOA, che è stato distribuito alle Autorità Nazionali competenti tramite l’advisory forum EFSA, advisory forum che vede per l’Italia la presenza del Ministero della Salute. Di sicuro la lettura delle minute a completezza della opinione e la lista degli esperti nazionali coinvolti nella discussione preliminare del parere EFSA indica chiaramente il grado di eccellenza e competenza scientifica, indipendenza e trasparenza degli Enti di valutazione del rischio che hanno esercitato una parte attiva.
Di seguito, in via sintetica, i principali punti su cui le valutazioni EFSA si sono confrontate con quelle degli esperti delle Agenzie nazionali di valutazione del rischio alimentare.
Gli studi epidemiologici presi in considerazione:
Gli studi epidemiologici presi in considerazione per associare l’esposizione a PFOA/PFOS con l’aumento di colesterolo nel sangue riconoscono i seguenti punti di incertezza: il gruppo di persone campionato può non essere rappresentativo della popolazione esposta; in particolare risultano deboli le evidenze su individui giovani (<40 anni). Le curve di calibrazione dose-risposta su cui sono stati calcolati i valori tossicologici di riferimento possono risentire di variabilità importante legata sia alla modellistica, sia alla mancanza di misurazione di effetti dovuti ad esposizioni di fondo. L’effetto misurato–ipercolesterolemia può essere la risultante di esposizione a più sostanze, e di sicuro PFOS e PFOA possono essere considerate un fattore di rischio addizionale e non necessariamente principale rispetto all’evento avverso cardio-vascolare limitato alla popolazione adulta, in base agli stili di vita.
Gli effetti tossici presi in considerazione e la modellistica per ricavare un punto di partenza tossicologico:
Non tutte le agenzie nazionali di valutazione del rischio riconoscono nell’ipercolesterolemia l’effetto tossico più evidente/importante ai fini dell’identificazione di un valore guida per la salute umana.
Anche l’immuno-tossicità, verificata quale diminuzione della risposta anticorpale ad alcune vaccinazioni in bambini esposti, non è sufficientemente “solida” in quanto i titoli anticorpali non sono inequivocabilmente sinonimo di protezione, data la necessità di valutare le risposte cellulo-mediate.
L’Agenzia per le Sostanze Chimiche Europea – ECHA nel 2015 era giunta ad una valutazione di livello di assenza di tossicità per PFOA (DNEL) nel siero umano di 800 ng/mL riferito alla popolazione generale che non riconosce un rischio di esposizione professionale. EFSA in questo parere identifica in 9.2 – 9.4 ng /mL le concentrazioni ematiche critiche per il progressivo innalzamento del colesterolo. Questo pone un problema laddove ECHA ha il compito di indirizzare il mondo produttivo verso politiche di riduzione e ove praticabile sostituzione di PFOA ed in generale di PFAS nei settori manufatturieri.
Il fatto che che Agenzie Europee non si trovino in accordo su valutazioni tossicologiche con valori differenti di 2 ordini di grandezza pone un problema di “proporzionalità” riguardo alla generale politica della Commissione Europea nel ridurre l’impiego, il rilascio ambientale, e quindi l’esposizione umana diretta ed indiretta ai PFAS e anche di credibilità del sistema Agenziale Europeo.
Per opportuno paragone, le valutazioni tra US-EPA e ADSR su PFOS e PFOA differiscono solo di 1 ordine di grandezza, e nonostante questo hanno dato luogo ad un interessante dibattito sull’armonizzazione delle procedure di valutazione del rischio a partire dalle evidenze degli studi sperimentali e risultanze degli studi epidemiologici.
L’esposizione alimentare: problemi di rappresentatività dei campioni e della sensibilità analitica
I dati di contaminazione negli alimenti non soddisfano i requisiti analitici in grado di sostenere valutazione di esposizione alimentare. I limiti di quantificazione risultano in gran parte troppo elevati. Inoltre, il database considerato non è sufficientemente rappresentativo di alimenti campionati in situazioni di mancata contaminazione ambientale. Dato il mancato inserimento dei PFAS nei piani nazionali residui, la conseguenza di approfondimenti in contesti hot spots è marcata.
La derivazione di una relazione tra dose interna ematica e dose esterna
Dal punto di vista tossicocinetico/tossicodinamico, l’alterata funzionalità epatica determinata da PFOS e PFOA, può determinare una alterata produzione di sali biliari, in grado di influenzare il riassorbimento e ricircolo entero-epatico di PFOS e PFOA e quindi alterare le cinetiche di deplezione in individui esposti.
L’opinione costituisce una ottima lettura natalizia, possibilmente foriera di buoni propositi per una presenza più incisiva nazionale sulla valutazione del rischio PFAS per la sicurezza alimentare, che necessariamente coinvolge le politiche ambientali e produttive: una sfida One Health a tutto tondo anche nella logica di approcci interdisciplinari condivisi nel metodo e nel merito e orientati sulla prioritizzazione dei rischi. In una ottica di valutazione del rapporto beneficio/rischio per una comunità, l’abbattimento dei rischi si traduce automaticamente in una magnificazione dei benefici, quantomeno sanitari. La matematica nel caso dei PFAS è una opinione?
A cura redazione Sivemp Veneto