Riforma Madia. Rispetto al provvedimento dello scorso anno, si allungano da 15 a 20 giorni i termini per la denuncia alla Corte dei conti
Dopo 13 mesi dal primo decreto sui licenziamenti sprint per i dipendenti pubblici assenteisti colti in flagrante, arriva dal consiglio dei ministri il via libera finale al correttivo chiamato a blindare le procedure.
Correttivo, va detto subito, che non cambia quasi nulla rispetto al provvedimento originario, ma che è stato reso necessario dalla sentenza 251/2016 della Corte costituzionale che ha imposto l’intesa, invece del parere consultivo, con Regioni ed enti locali per le parti della riforma Pa che intrecciano le loro competenze. Il decreto ribattezzato “anti-furbetti” era stato il primo a entrare in vigore (il 13 luglio 2016) fra i provvedimenti attuativi della delega Madia, il cui cantiere quindi si è aperto e si chiude con la lotta agli assenteisti. All’appello manca ora solo il correttivo sulle nomine dei dirigenti in sanità, curiosamente ancora lontano dal consiglio dei ministri nonostante l’accordo con le Regioni che ha modificato l’impianto originario.
Nel caso dei licenziamenti degli assenteisti, invece, il restyling è stato minimale, e ha ritoccato solo un paio di termini procedurali tutto sommato secondari: per denunciare l’assenteista alla Corte dei conti, che dovrà valutare le ricadute della sua condotta in termini di danno all’immagine della Pa (con condanna minima già predeterminata per legge e pari a sei mensilità dello stipendio in godimento), ci sono 20 giorni e non 15, e per chiudere l’azione di responsabilità i giorni diventano 150 invece dei 120 previsti lo scorso anno.
Il senso fondamentale del nuovo provvedimento, allora, è di blindare le procedure sprint, evitando il rischio di ricorsi contro regole che nel primo decreto sono state approvate con una procedura giudicata illegittima dalla Corte costituzionale. Restano le due date-chiave della marcia a tappe forzate verso il licenziamento: la sospensione dei dipendente registrato a timbrare l’entrata per poi imboccare subito la via dell’uscita dall’ufficio deve arrivare entro 48 ore, conservando solo il diritto all’assegno alimentare, e il licenziamento deve scattare entro 30 giorni. Insieme alla sospensione, che può essere disposta dal responsabile del servizio o da chi guida l’ufficio per i procedimenti disciplinari, vanno predisposte anche la contestazione scritta e la convocazione del presunto assenteista: per tutelare il diritto di difesa, il preavviso deve essere almeno di 15 giorni, e un impedimento «grave, oggettivo e assoluto» del diretto interessato può permettere un rinvio fino a 5 giorni. La flessibilità dei termini è minima, perché altrimenti si superamento i 30 giorni per chiudere la procedura: lo sforamento dei termini, però, non fa decadere procedimento e sanzioni, per evitare che basti un ritardo minimo a “salvare” l’assenteista.
La procedura sprint precisata dal nuovo provvedimento va letta insieme alla riforma del pubblico impiego (Dlgs 75/2017), che chiede di applicarla a tutti i casi di flagranza dei comportamenti sanzionati con il licenziamento, per esempio le condotte aggressive gravi o le violazioni dei codici di comportamento. Ora non resta che misurarne l’attuazione.
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Gianni Trovati – Il Sole 24 Ore – 11 luglio 2017